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Giovanni Passanante e la "Repubblica Universale"
di Leone Melillo
1. Premessa

Giovanni Passannante è certamente «un personaggio minore nella storia degli anarchici di tutto il mondo». Tuttavia, come rileva Porcaro, «scrittori illustri, come Croce, Woodcok, Godechot, Pesci, Watson, Merlino, Romano, Candeloro, Masini, Montanelli, si sono interessati, chi più chi meno, di Passannante»1.
Quale la ragione?
Come chiarisce Luciano Russi – che legge De Mattei – «i “minori”, proprio per la loro marginalità e forse meglio di altri», possono «rappresentare un’epoca, intuire una transizione, contenere specificità e contraddizioni».
«Questo rapporto va indagato dovunque e comunque: nel pensiero sistematico come nei propositi, nelle idee organiche come nelle intuizioni, nelle teorie ma anche nei sentimenti, nei razionalismi e nelle utopie, nei fallimenti come nei miti, negli ideali ma anche negli interessi concreti, nelle istituzioni come nel lessico politico»2.
Poche considerazioni, che valgano una premessa.
«Giovanni Passannante tentò di uccidere re Umberto I nel novembre del 1878, colpendolo con un pugnale, mentre in carrozza il sovrano, ch’era venuto in visita ufficiale a Napoli, si dirigeva alla reggia»3.
Un gesto che suscita la più attenta riflessione dell’epoca, che si sofferma sulla presunta pazzia di Giovanni Passannante, destando sentimenti contrastanti.
Al riguardo, sembra opportuno indugiare su un volume pubblicato da Camillo Delle Donne, che destò preoccupazione – come evidenzia Galzerano – anche nella «sottoprefettura di Sala Consilina», suscitando l’interessamento del «prefetto di Salerno».
Un timore presto svanito. I «carabinieri di Sarno tranquillizzano il prefetto: né sul conto del cinquantenne Camillo Delle Donne, né sul conto del figlio risultano indagini né tendenze politiche»4. Il volume, infatti, «usa aggettivi pesanti nei confronti di Passannante»5, fornendo anche una trascrizione della perizia, che «principiava» il «4 Febbraio nel carcere di San Francesco»6.
Un evento che travolge anche lo scenario politico della “monarchia nel progetto della Sinistra”7.
Benedetto Cairoli, ferito da Passannante, è travolto dagli eventi. Gli succede Agostino Depretis, quale Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d’Italia. Nasce il terzo governo Depretis.
Considerazioni che inducono a soffermarsi sugli scritti di Giovanni Passannante e sulla sua paventata pazzia.


2. La teoria del complotto politico

Passannante è «armato di piccolo coltello, la cui lama è lunga 12 centimetri, celato da una banderuola rossa di cui fingeva l’asta, ov’era attaccato un cartello con le parole Morte al Re, Viva la Repubblica Universale, Viva Orsini»8.
Un interrogativo immediato si sofferma sull’indirizzo politico perseguito dalla sinistra al potere e, in specie, da Benedetto Cairoli e, quindi, sulla possibile relazione tra l’attentato al Re d’Italia e Felice Orsini.
Come evidenzia Luciani, già nel 1865 Crispi «aveva preso le distanze […] dal metodo insurrezionale di Mazzini», condividendo «il motivo fondamentale per il quale la maggioranza del Partito d’Azione nel Risorgimento, nella lotta per la costruzione dello Stato italiano, aveva deciso di schierarsi al seguito di Garibaldi dalla parte di Vittorio Emanuele II», che si risolve nel motto: «“La monarchia ci unisce, la repubblica di dividerebbe»9.
Con il “viaggio per l’Italia” di Re Umberto, «accompagnato dalla regina, dalla famiglia reale e dai membri del governo», «la Monarchia confermò di possedere o mostrò di volere assumere quel carattere “democratico” che la Sinistra storica pretendeva che essa avesse»10.
Un compromesso politico che l’“estrema sinistra storica” non poteva accogliere.
Ancora un’osservazione, che non appare come una congettura.
L’attentato di Passannante segna la sfiducia per il governo Cairoli, cui subentra nuovamente Depretis. Una successione della “sinistra storica” che arresta l’indirizzo politico di Cairoli ispirato da idee filo francesi, note a Felice Orsini, che attenta alla vita di Napoleone III.
Passannante, in occasione del suo interrogatorio del «16 dicembre [1878 ...] riconfermò i precedenti interrogatori e aggiunse: “Nel momento che mi spinsi a ferire non ebbi intenzione di uccidere il re, ma solo di sfregiarlo. Se avessi voluto ucciderlo, l’effetto non avrebbe potuto mancarmi, malgrado il re si fosse schernito col gomito”»11.
La «difesa dell’imputato […] viene affidata» a Leopoldo Tarantini, «che nel 1856 aveva rifiutato di difendere Agesilao Milano, il giovane soldato calabrese, di origine albanese, che aveva attentato al re di Napoli, Ferdinando»12.
Tarantini «accetta la difesa», ricorrendo «contro la sentenza della sezione d’Accusa», che «non aveva motivato sulla competenza della Corte d’Assise» ritenendo, diversamente, che «il reato di Passannante» sia «di competenza dell’Alta Corte di giustizia del senato», che la Corte d’Assise sia «incompetente» e che manca «un preciso atto deliberativo del senato sulla propria incompetenza»13.
Una convinzione che induce l’«avvocato destinato di ufficio alla difesa di Giovanni Passannante» a chiedere «una dichiarazione di nullità sulla sentenza della sezione d’Accusa che rinviava Passannante alla Corte d’Assise»14, rogettata dalla Corte di Cassazione, secondo cui «di fronte a due competenze, occorre applicare la più liberale»15
Leopoldo Tarantini, quindi, «chiede che il suo assistito sia sottoposto a visita psichiatrica». Una richiesta accolta da Carlo Ferri che «ordina di fotografare gli scritti dell’imputato. Le copie delle fotografie verranno distribuite ai periti e ai giurati»16.


3. Salvia di Lucania diviene Savoia di Lucania

Giovanni Parrella sindaco di Salvia di Lucania «è stato chiamato a Napoli per presentarsi al cospetto del re», ma «non ha un vestito adatto per l’incontro […], né ha i soldi per poterselo comprare. Colto alla sprovvista, ha perciò dovuto convocare d’urgenza il consiglio comunale che, senza discussione, [lo] ha autorizzato»17.
Il Sindaco che, giunto al cospetto del re, «balbettando», dopo aver affermato di «rappresent[are] la disgraziata Salvia», fu rincuorato da Umberto perché gli «assassini non hanno patria» e quindi invitato «dai rappresentanti della corona», allo scopo di «ottenere il perdono per aver dato i natali all’assassino Giovanni Passannante», a «cambiare nome al paese», per cui gli «imposero» quello di Savoia di Lucania18.
Ma, con il sindaco Parrella vi è anche la «delegazione lucana, composta da cento rappresentanti, dei quali sessanta erano sindaci»19.
Parrella, «rientrato a Salvia, terrorizzato […] convocò un altro consiglio comunale d’urgenza e il 22 novembre 1878 […] deliberò la mutazione del toponimo Salvia in quello servile di Savoia di Lucania»20.
Quale la ragione politica che ispira Umberto I ed induce i rappresentanti della corona ad invitare Salvia a cambiare il proprio toponimo?
Non sembra condivisibile la motivazione addotta da Galzerano, secondo cui, «punendo Salvia il re e la corte vollero rendere complice di Passannante un’intera collettività», trascurando di considerare «che il maggiore Eugenio Romano, nella sua relazione sulla visita fatta a Salvia, aveva chiaramente scritto che Passannante “apprese altrove quei principi che lo indussero a ad attentare alla vita del Principe»21.
Poche considerazioni. Come ha evidenziato lo stesso Galzarano, in occasione dell’incontro che Umberto I ebbe con il sindaco di Savia di Lucania, quale partecipante alla delegazione lucana, il re non esitò ad affermare che “gli assassini non hanno patria”. Una delegazione lucana, festante – come annota Galzerano – che, tra l’altro, portò un «dono al re», su cui «era stato disegnato, in poche ore dal pittore De Chirico, a penna, il ritratto del re»22.
Non bisognava infrangere «l’“incantesimo” dinastico»23.
La “monarchia popolare”, voluta dalla “sinistra al potere”, induce ad agire per la “nazionalizzazione delle masse”. L’«istituzione monarchica» diviene «simbolo unificante per le popolazioni italiane» e «promuove tra di esse la diffusione di una coscienza nazionale e la convinzione del carattere legittimo delle neonate istituzioni unitarie e rappresentative»24.


4. La perizia e la presunta pazzia

Alla Camera dei deputati, il 10 dicembre 1878, l’on. Bertani definisce «orribile […] il fatto di Napoli […] per follia morale ed intellettuale, poiché mente sana, comunque esaltata, non poteva compiere quell’attentato in Italia»25.
Solo alcune note di approfondimento. La «perizia psichiatrica disposta dalla Corte di Assise […] dichiarò» Passannante «capace di intendere e di volere, di una intelligenza superiore alla media, coerente anche se non colto»26. «Dal punto di vista giudiziario ben cinque periti psichiatri stabilirono che al momento dell’attentato Passannante era capace di intendere e di volere, vale a dire che era sano di mente, capace di comprendere quello che stava per fare e di valutare le gravi conseguenze del suo gesto»27. Diversamente, Lombroso – come evidenzia Porcaro – «lo giudicò senz’altro pazzo, in preda a un male oscuro, la lipemania, una specie di follia malinconica», tanto da invitare «l’opinione pubblica, le autorità e la magistratura» a «rinchiuderlo […] in una casa di cura per malati di mente anziché processarlo, come a tutti i costi si volle invece fare»28.
Gaspare Virgilio invoca «l’intuizione dell’illustre Tarantini, avvocato, della difesa, e la dimostrazione scientifica del professore Lombroso»29. Un tema affrontato anche da Pasquale Penta, che condivide la tesi di Lombroso30.
Passannante, in carcere, scrive lettere e prepara «un appello al popolo napoletano contro la sua condanna, [… che] viene sequestrato dal direttore del carcere e inviato al prefetto»31.
Una conferma. Non è sicuramente un caso se Agostino Bertani, esponente della “estrema sinistra storica”, che «aveva già visitato nel carcere di Napoli nel marzo del 1879» Giovanni Passannante, successivamente, «avvalendosi delle sue prerogative di deputato, dopo un lungo braccio di ferro con il ministero», «poté vederlo», nuovamente, nel 1885, divenendo «testimone della feroce e disumana persecuzione che viene inflitta a Passanante»32.
Solo allora, Passannante viene sottoposto «ad una nuova perizia medica, affidandola a Serafino Biffi e Augusto Tamburrini, gli stessi alienisti che lo avevano visitato a Napoli nel 1879», escludendo «l’infermità mentale» di Passannante. Una «richiesta» avanzata «anche dal medico del carcere, Dott. Eugenio Marini medico condotto di Portoferraio»33.
Solo allora gli stessi affermano che «Passannante aveva perso il lume della ragione»34, solo allora, Giovanni Passannante «è stato […] riconosciuto pazzo ed inviato al manicomio criminale dell’Ambrogiana»35.


5. Passannante e gli ideali dell’apostolo Mazzini e dell’eroe Garibaldi.

Il Roma, che pubblica il “Ricordo per l’avvenire al popolo universale” di Giovanni Passannante – come evidenzia Galzerano – «irrideva questo scritto e con un certo disprezzo definiva Passannante nuovo legislatore»36.
Uno scritto che, diversamente, sembra delineare un pensiero politico, anche se solo sbozzato.
Passannante «si aggrappa agli ideali dell’apostolo Mazzini e dell’eroe Garibaldi» e «vagheggia […] una Repubblica Universale», «una repubblica ideale, senza più oppressi ed oppressori, ricchi e poveri, dotti ed ignoranti, privilegiati e schiavi. Una repubblica ideale, in ultima analisi, dove si possa finalmente e definitivamente innalzare l’albero della libertà di tutti gli uomini attraverso la rivolta dell’individuo contro la tirannia dello Stato e della società borghese, e costruire sulle macerie […] un mondo di uomini uguali, felici, liberi. Tale è lo spirito di una nebulosa “società segreta” […] che egli intendeva fondare»37.
Una breve riflessione.
Passannante, interrogato su «quale specie di società intesse fondare, […] rispose [… che] aveva per scopo di istruire i giovani ad essere tutti soldati, onde difenderci dagli stranieri», secondo una «bozza» da lui composta38.
Una convinzione che lo esorta anche a chiedere danaro per stampare gli scritti dei «patriotti delle battaglie per la libertà», Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini39, ai quali dedica uno scritto, in occasione dell’«onomastico di Mazzini e di Garibaldi», rivolto anche a lui ed ai «giovani de’ sentimenti della libertà. Per tutta l’Italia intera»40.
Come evidenzia Galzerano, infatti, il «Ricordo per l’avvenire al popolo universale, […] si rifà alla rivoluzione partenopea del 1799 ed esorta gli italiani ad unirsi al pensiero e all’azione dei francesi, e riconosce – tra l’altro – che “il sommo desiderio del popolo universale è stato e sarà quello di cambiare la condizione che si trattava, e di volere lavoro e libertà continua, e godere indipendenza»41.
Una convinzione, già radicata in un’affermazione, che smentisce la possibilità di una dirompente follia.
Passannante «ritiene […] la sua Repubblica Universale come l’unica ricetta miracolosa per guarire il mondo, la società, l’Italia, i popoli del Sud ed in particolare la miseria dei suoi fratelli delle Calabrie; come l’unica ricetta atta a poter portare all’abbattimento della millenaria tirannia degli Stati, alla distruzione definitiva di ogni forma di autoritarismo e di potere»42.
«Con la sua Repubblica Universale – evidenzia ancora Porcaro – egli auspica la distruzione d’ogni specie di governo, perché ogni governo rappresenta sempre il privilegio, il raggiro, le tasse, l’uso dei fucili, le male arti della polizia, l’affamamento dei proletari da parte di feroci signorotti e opulenti borghesi. Egli auspica l’abolizione della proprietà, perché per lui proprietà significa ingiustizia»43.
«Una società che sopprime l’individuo e ne menoma le facoltà, una società che sacrifica il benessere e l’esistenza di moltitudini di esseri umani», che diviene «negazione, non di Dio, ma dell’uomo e di sé stessa»44.
Ancora conferme, chiarite dalla perizia psichiatrica, disposta da Carlo Ferri, presidente della Corte di Assise di Napoli.
Passannante dichiara, durante gli interrogatori, di «non appartenere né [di] essere appartenuto ad alcuna setta», di aver «disprezzo [per] gli internazionalisti ed i cosiddetti comunisti», perché il suo «ideale è la repubblica universale» e, quindi, di non aver «nutrito mai rancore contro il Re Umberto» perché il suo «odio è per convincimento contro tutti i Re, volendo l’attuazione della repubblica universale»45.
Leopoldo Tarantini, il legale di ufficio di Passannante, dichiara di aver «letto i suoi scritti» in cui «difficilmente si potrebbero trovare idee più nobili, più giuste o più onestamente dedicate al benessere umano e materiale dell’umanità», «un Vangelo rozzo, sì, ma nuovo», che Tarantini dichiara di voler pubblicare46.
Sarà, diversamente, il «Roma», il 14 gennaio 1879, a pubblicare «Il Vangelo di Passannante»47. Un’esposizione in cui elenca diciassette punti, un programma che si conclude con la necessità di «procedere contro i rivoluzionari»48.


6. Conclusione

Passannante esprime le “specificità e le contraddizioni” di una sinistra che crede nella “monarchia popolare” e vive la fase storica di stabilizzazione del governo Depretis.
Il dissenso di Giovanni Passannnate evidenzia «una grande tensione umana e politica ed una costante attenzione alle sofferenze del popolo. Nelle sue parole si avverte un uomo dalle molte letture, divorato dalla passione politica»49: «l’ideazione del Passannante è normale, anzi forse non comune» ed «il sentimento inteso a suo modo è in lui sviluppatissimo: bisogna essere fedele agli amici, ai principi, bisogna saper mantenere il segreto, bisogna saper sacrificare la propria vita per un principio. Questo spiega meglio di ogni altra cosa tutti gli atti della sua vita»50.
Passannante «dichiarò, sempre, di avere agito perché convinto della suprema necessità di dover procurare al popolo libertà e benessere, rimuovendo l’ostacolo che, secondo lui, si frapponeva sul cammino dei miseri e degli oppressi, anelanti da secoli ad una vita migliore»51, per cui, come afferma quando è già detenuto, «passerà alla storia come un martire o sarà presidente della repubblica universale»52.
«Scopo della società – secondo Passannante – è il benessere dell’individuo e di tutti gli individui che la compongono, non di minoranze privilegiate, e neppure della maggioranza»53.
Le riflessioni che escludono, la pazzia di Passannante, si soffermano sul gesto politico, convinto.
«In definitiva, con il processo a Passannante non s’intendeva colpire l’uomo con la sua miseria e le sue utopie, ma il portatore di una ideologia negatrice della struttura monarchica di quella società, il sovvertitore di valori e di ideali»54.
Come evidenzia Rodolfo De Mattei, la «storia del pensiero politico è un aspetto della storia del pensiero, e la storia del pensiero è un’espressione della storia dell’incivilimento e della storia propriamente detta»55.










NOTE
1 G. Porcaro, Processo a un anarchico a Napoli nel 1878, Napoli, 1975, p. XI.^
2 «Lo storico delle dottrine politiche resta per De Mattei l’instancabile indagatore del rapporto politico in tutte le sue metamorfosi: individuo-stato, autorità-libertà, morale-azione, giustizia-violenza». L. Russi, L’opera di Rodolfo De Mattei, in Storici italiani del pensiero politico. Itinerari fra le due guerre, Milano, 2002, p. 37.^
3 G. Porcaro, Processo a un anarchico a Napoli nel 1878, p. XII.^
4 G. Galzerano, Giovanni Passannante. La vita, l’attentato, il processo, la condanna a morte, la grazia ‘regale’ e gli anni di galera del cuoco lucano che nel 1878 ruppe l’incantesimo monarchico, Casalvelino Scalo, 1997, p. 611 s.^
5 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 613.^
6 C. Delle Donne, Il cuoco di Basilicata ovvero Giovanni Passannante. Biografia – attentato – interrogatori – processo – condanna, Sarno, 1879, p. 117.^
7 F. Luciani, La “monarchia popolare”. Immagine del Re e Nazionalizzazione delle masse negli anni della sinistra al potere (1876-91), in Cheiron. Materiali e strumenti di aggiornamento storiografico, 13, 1996, pp. 141-145.^
8 In tal senso, il «rapporto alla Procura Generale del Re presso la Corte di Appello di Napoli [… del] Comando dell’Arma dei Carabibiri della Città». G. Porcaro, Processo a un anarchico a Napoli nel 1878, p. 4 s.^
9 F. Luciani, La “monarchia popolare”, p. 141.^
10 F. Luciani, La “monarchia popolare”, p. 153, 157.^
11 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 358 s.^
12 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 359 s.^
13 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 361.^
14 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 362. Con “l’atto di accusa” si afferma che Giovanni Passannante ha «attentato contro la sacrea persona del Re, per avere in Napoli nel 17 novembre 1878 al largo Carriera Grande, con volontà omicidia, con atti di esecuzione, attentato alla vita di Umberto I Re d’Italia, vibrandogli a parti vitali del corpo due colpi di coltello a manico fisso, il primo dei quali riparato con un movimento istantaneo del Sovrano andò a ferirlo nel quarto superiore ed esterno del braccio sinistro ed il secondo invece ferì gravemente nella coscia destra il Presidente dei Ministri, Benedetto Cairoli, perché ratto si interpose. Reato previsto dagli articoli 153, 159, 531 cod. penale». Processo Passannante, Napoli, 1879, p. 62, 64.^
15 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 369.^
16 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 379.^
17 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 205.^
18 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 206.^
19 «Umberto si trattenne con la delegazione lucana per più di quaranta minuti e si disse meravigliato nell’apprendere che la maggior parte dei comuni erano senza vie di comunicazione con Potenza e promise che si sarebbe recato in Basilicata al più presto». G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 206.^
20 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 207.^
21 «Il paese lucano aveva partecipato ai moti risorgimentali: alcuni salviani furono perseguitati dalla dinastia borbonica e per i fatti del 1848 venne aperto un procedimento politico a carico di Zaccaria Taglianetti». G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 207.^
22 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 206.^
23 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 40.^
24 F. Luciani, La “monarchia popolare”. Immagine del Re e Nazionalizzazione delle masse negli anni della sinistra al potere (1876-91), p. 141.^
25 «Quando fu attentato alla regina Vittoria – evidenzia Bertani –, donna esemplare sul trono, nessuno nel Regno Unito potè ammettere che un individuo, un inglese incolume di mente osasse recare offesa a quella donna regale, e quel pazzo fu rinchiuso per sempre nel manicomio di Bedlam». G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 189.^
26 G. Porcaro, Processo a un anarchico a Napoli nel 1878, p. XII.^
27 G. Porcaro, Processo a un anarchico a Napoli nel 1878, p. XIII.^
28 G. Porcaro, Processo a un anarchico a Napoli nel 1878, p. XII.^
29 G. Virgilio, Passannante e la natura morbosa del delitto, Milano-Torino-Roma, 1910, p. 56.^
30 P. Penta, Giovanni Passannante Pazzo e gli errori giudiziali in fatto di alienazioni mentali, Napoli, 1890, p. 1.^
31 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 721.^
32 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 635.^
33 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 640.^
34 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 641.^
35 Penta propende per la pazzia di Passannante. In tal senso, si avvale del «prof. Virgilio [… e del] suo libro ormai noto – Passannante e la natura morbosa del delitto, Loescher 1888 – che sulle basi della genealogia, della biografia, del delitto stesso e della somiglianza di lui con l’altro fratello pazzo, ricostruiva […] la vera personalità pscichica del regidica». P. Penta, Giovanni Passannante Pazzo e gli errori giudiziali in fatto di alienazioni mentali, p. 1.^
36 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 367 s.^
37 G. Porcaro, Processo a un anarchico a Napoli nel 1878, p. 14.^
38 G. Porcaro, Processo a un anarchico a Napoli nel 1878, p. 188 s.^
39 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 686.^
40 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 688.^
41 «Il 28 dicembre [1878] il Roma, nell’annunciare che il ricorso dell’Avv. Tarantini verrà discusso il 4 gennaio, pubblica [… questo] lungo scritto di Passannante, datato Salerno 1878». G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 367 s.^
42 G. Porcaro, Processo a un anarchico a Napoli nel 1878, p. 15.^
43 G. Porcaro, Processo a un anarchico a Napoli nel 1878, p. 15.^
44 G. Porcaro, Processo a un anarchico a Napoli nel 1878, p. 15.^
45 C. Delle Donne, Il cuoco di Basilicata ovvero Giovanni Passannante, p. 118.^
46 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 378.^
47 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 378.^
48 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 712 s.^
49 G. Galzerano, Giovanni Passannante, p. 684.^
50 Così Antico, trascrivendo la perizia psichiatrica disposta dalla Corte di Assise di Napoli. A. Antico, La nascita del movimento socialista nel salernitano, Casalvelino Scalo, 1989, p. 127.^
51 G. Porcaro, Processo a un anarchico a Napoli nel 1878, p. XII.^
52 G. Galzerano, Giovanni Passannante. p. 368.^
53 «Dove la maggioranza assoggetta a sé ed ai suoi interessi veri e supposti la minoranza, ivi non esiste società, ma lotta, tirannia, oppressione, sfruttamento. Ecco perché egli […] grida: “La miseria e l’ignoranza in cui ci tengono i padroni ci hanno reso deboli e vili. Destiamoci! Noi siamo nati al mondo tutti uguali ed il soffrir la fame npn è un dovere ma è viltà!». G. Porcaro, Processo a un anarchico a Napoli nel 1878, p. 15 s.^
54 G. Porcaro, Processo a un anarchico a Napoli nel 1878, p. XVI.^
55 R. De Mattei, Aspetti di storia del pensiero politico, vol I, Dall’antichità classica al sec. XV, Milano, 1980, p. 86.^
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